L’intervista.
Enrico Crippa, eclettico, creativo, con tre stelle Michelin che brillano sulla sua divisa e una predilezione per i prodotti locali e di stagione.
Lui è indubbiamnete sull’Olimpo dei migliori chef che prestano assoluta e immancabile attenzione alla territorialità e alla stagionalità, ma non solo.
We’re Smart World, l’Associazione che promuove la Fruit and Vegetable Week, ha da poco lanciato il nuovo “5 Radish” Chefs Club che riunisce i 79 migliori ristoranti di verdure del mondo. E tra questi c’è il ristorante Piazza Duomo di Alba di Enrico Crippa.
In occasone di questo meritato premio, e della riapertira delle attività di ritorazione dopo il lockdown, abbiamo voluto incontrare chef Crippa.
L’intervista a Enrico Crippa.
Chef, Lei mette da sempre al primo posto la territorialità. Quanto è importante in un momento storico come questo?
Qui a Piazza Duomo lavoriamo con prodotti del territorio, in contatto diretto con i nostri fornitori di fiducia: la maggior parte di ciò che utilizziamo in cucina viene da un raggio di qualche decina di chilometri. Sono i prodotti locali a guidare la mia mano: il manzo di Langa, per esempio, con la sua carne magra e non marezzata, è perfetto per la battuta di carne cruda. Fin qui, questi sono gli stessi principi che ispirano il lavoro di una grande trattoria.
La via personale verso la creazione di una mia cucina contemporanea, leggera e bella da vedere.
Sono italiano ma ho lavorato in Francia e poi in Giappone: ognuno di questi elementi è chiaramente visibile in filigrana nel mio lavoro.
Cosa vuol dire per Lei essere tra i 79 chef premiati con il 5 radish, vista la Sua attenzione all’uso dei prodotti dell’orto in cucina?
Per me è un grande onore, poiché è un riconoscimento che premia la nostra filosofia.
Siamo stati tra i primi in Italia, infatti, a mettere al centro della ricerca gastronomica l’orto, aprendoci a un’infinita gamma di possibilità e sapori grazie all’utilizzo di ingredienti di prossimità, veramente stagionali, con un effetto importante anche a livello di impatto ambientale, soprattutto in considerazione del territorio in cui siamo inseriti.
Oggi ci fa molto piacere che questa filosofia sia ampiamente condivisa e che in qualche modo abbia fatto scuola se si pensa alla proliferazione di orti e all’attenzione sempre più alta al mondo vegetale; siamo stati effettivamente degli apripista innovatori.
Per me alla fine la conferma arriva dai miei clienti, dallo stupore nei loro occhi per una combinazione inattesa capace di rivelare il gusto pieno di prodotti genuini, e la felicità per un’esperienza autentica che si porta dietro di sé il racconto di un territorio e il rispetto per la sua terra.
Come organizza nel Suo ristorante il menù stagionale?
Il menu di Piazza Duomo, per antitesi, è oltre le stagioni perchè è in continua evoluzione.
Mi spiego: al di là delle modifiche sostanziali secondo stagione, ciascuna con i propri prodotti, colori e profumi caratteristici, il nostro menu subisce variazioni poiché – proprio per poter esplorare al meglio i prodotti anche in diversi momenti della loro maturazione – capita spesso che un ingrediente sia presente anche solo per pochi giorni. Questo vuol dire che la nostra proposta subisce una metamorfosi quotidiana dettata dall’orto.
Ritiene che negli ultimi anni si stia dando abbastanza attenzione all’alimentazione consapevole, a zero impatto ambientale, di stagione prossimità?
Direi che a tutti i livelli, negli ultimi anni, si è diffusa un’attenzione necessaria a una cucina sana e sostenibile.
Abbiamo compreso che il rispetto per la Terra è uno dei passi fondamentali per il nostro futuro. Poterlo mettere in pratica ogni giorno è una sfida e un impegno importante poiché attraverso un piatto si racconta il proprio mondo e la propria filosofia, che noi sintetizziamo così: In Garden We Trust!
Un piatto iconico della Sua infanzia?
Subito vedo davanti agli occhi i fiori di zucca alla milanese, impanati e fritti nel burro come la cotoletta.
La mia infanzia è legata alla cucina di mercato grazie a mio nonno Attilio, che mi portava con sé tutti i giorni a fare la spesa, a scegliere i prodotti per finire poi nella sua cucina seduto di fronte a lui che preparava.
È li che è nata la mia passione, in quei momenti di grande affetto e generosità.
Come è cambiato secondo Lei il mondo della ristorazione nell’ultimo anno?
É cambiato in maniera profonda, seguendo quello che è accaduto con la pandemia. Credo che a livello culinario, nonostante le suggestioni date da forti commistioni e fusione di culture, andremo incontro sempre di più a una cucina di identità, prima di tutto territoriale, che riconosca le proprie radici e le sappia proporre e valorizzare nella cucina di oggi, per rivelare, al tempo stesso, la personalità di ogni singolo chef.
Troppo spesso si vedono cucine simili o con “ispirazioni velate”. Forse è il momento dell’autenticità culinaria, che riveli capacità, ma anche la storia e il percorso di ciascuno dando vita così ad esperienze speciali.
Cosa ci aspetta nel menù del 2021?
Come detto con l’orto abbiamo iniziato anni fa un percorso di rispetto della terra e del territorio. Oggi lo celebriamo con il Menu del Barolo, un susseguirsi di abbinamenti dove piatti e calici si esaltano e completano a vicenda, un vero e proprio tributo alle Langhe, che mi hanno accolto ormai più di 15 anni fa, e un inno al vino simbolo del luogo, Re dei vini. A questo, come detto, si affianca il menù creato intorno all’orto. In Garden We Trust, appunto.
Chi è Enrico Crippa.
Enrico Crippa nasce a Carate Brianza nel 1971. Diplomato presso l’Istituto Alberghiero di Monte Olimpino (Como), la prima esperienza nel campo della ristorazione avviene a sedici anni come apprendista nello storico ristorante milanese di Gualtiero Marchesi in via Bonvesin de la Riva.
Inizia da qui una folgorante carriera che gli darà modo di collaborare con alcuni tra i migliori chef europei: Christian Willer alla Palme d’Or di Cannes, Gislaine Arabian al Ledoyen di Parigi, Antoine Westermann al Buerehiesel di Strasburgo, Michel Bras a Laguiole, Ferran Adria a El Bulli di Roses.
A Sologne, nel 1990, riceve il primo premio del Concorso Artistico di Cucina, bissando nel ’92.
Nel 1996 avvia a Kobe il ristorante di Gualtiero Marchesi e resta in Giappone al Rhiga Royal Hotel di Osaka fino al 1999. Fondamentale per la sua cucina l’esperienza di questi 3 anni. Rientra in Italia dove cerca un luogo adatto alla realizzazione del proprio ristorante.
Risale al 2003 l’incontro con la famiglia Ceretto con la quale inizia, nel 2005, il progetto del Ristorante Piazza Duomo, in Alba. Nel 2006 la prima conferma del suo talento, la prima Stella Michelin; nel 2009 un nuovo traguardo, la seconda stella Michelin. Il 14 novembre 2012 Enrico Crippa ottiene la terza stella Michelin.
Nel 2012 viene scelto come presidente della giuria per il Bocuse d’Or.
Dal 2013 la cucina di Enrico Crippa porta Piazza Duomo tra i 50 migliori ristoranti del Mondo, raggiungendo nel 2017 la 15esima posizione. Sempre nel 2017 diviene Presidente dell’Accademia Italiana del Bocuse d’Or e l’Académie Internationale de la Gastronomie gli riconosce il Grand Prix de l’Art de la Cuisine.