Vini Toros: il cantico della purezza

Azienda Agricola Toros: Franco Toros e le figlie

INCONTRO CON FRANCO E CRISTINA TOROS.

Un accogliente lungo tavolo le cui fessure odorano di legno antico, un aromatico e fresco calice di Pinot Bianco, le saporite e burrose fette di pancetta artigianale preparata dallo zio Renato, le chiacchiere e le risate di Franco e Cristina.

Siamo a casa Toros, in località Novali a Cormons, nel cuore del Collio Friulano, e questo angolo di vita ritrae alla perfezione l’essenza di una famiglia che ha saputo fare della semplicità, quella di antica meravigliosa memoria contadina, il proprio sigillo distintivo e vincente.

È tutto così spontaneo e delicato qui, di una calma travolgente!

E non è un ossimoro. Perché per un attimo quasi ti pare di essere entrata in un frammento di pellicola di un film esemplare d’altri tempi; uno di quelli che mentre lo guardi ti rammarichi della frenesia e della tecnologia digitale che oggi governano le tue giornate. E ti investe un desiderio stordente di restare lì, a guardare le vigne che abbracciano la casa e sorseggiare altro vino ascoltando Franco che ti travolge in un racconto il cui primo capitolo fu scritto dal suo bisnonno.

Se poi aggiungiamo che le fondamenta delle mura che ci accolgono respirano dal 1648, ecco il perfetto archetipo della abusata, ma estremamente vera, affermazione che “ogni cantina ha una storia da raccontare”. E ovviamente la storia è d’amore.

Franco Toros e la vigna.

È di poche parole in verità Franco Toros.

Ma non è ovvia e ordinaria introversione di un uomo schivo e burbero. Semplicemente a lui non servono le troppe parole. Perché una sola sua frase è un acuto distillato capace di racchiudere e narrare un concetto che altri rappresenterebbero in non meno di dieci minuti di chiacchiere.

Qualcuno la chiama arte della sintesi, ma credo che meglio si definisca come il compendio perfetto di un uomo che ama andare dritto al sodo, senza tentennamenti.

Non c’è spazio per i se e per i ma. Perché se Franco è un viticoltore moderno, nel cuore e nell’animo resta il vignaiolo di un tempo, quello che ha saputo ereditare l’azienda di famiglia, prenderla per mano e accompagnarla con sapienza fino a qui.

Non è un caso che ciò che più ami sia la vigna, perché “è in vigna che nasce il vino buono”.

E poi “in vigna ti rilassi – ammette –! Non solo per la quiete che i filari comunicano, ma perchè qui c’è il bosco tutto attorno. Esci la mattina presto e ti capita di incontrare un cinghiale, oppure un capriolo. I caprioli arrivano molte volte fino al cortile… Abbiamo questa grande fortuna e spesso non ce ne rendiamo conto. Lo diamo per scontato, ma questo territorio è il nostro grande tesoro”.

Un territorio vocato al vino, dove le Prealpi Giulie frenano i flussi di aria settentrionale e il Mare Adriatico, poco distante, limita le escursioni termiche. E poi c’è il terreno che grazie a marne e arenarie si trasforma in terroir ideale.

Ma tutto questo da solo non basta, perché poi ci sono gli uomini. I veri cesellatori senza i quali i vini non sarebbero capaci allo stesso modo di raccontare la loro terra madre.

La storia della famiglia.

A Franco l’arte del vino e della vigna è stata tramandata da papà Mario, ma fu il bisnonno Edoardo a trasferirsi a Novali e iniziare a scommettere su questo angolo del Collio.

“La nostra famiglia – racconta– è una delle più veterane della zona. La cantina che è qui sotto risale al 1648 ed era dei Baroni Locatelli. Edoardo la comprò e così eccoci qui!”.

Cristina, la seconda delle tre figlie di Franco, eredi in quinta generazione dell’arte della vinificazione, sorride di fronte alla sintesi decisa del padre.

“Quella del mio trisnonno – aggiunge – era una famiglia contadina. L’agricoltura era di sopravvivenza, incentrata sull’autoconsumo e solo in piccolissima parte destinata alla vendita. Anche per i vini quindi si puntava più alla quantità che alla qualità”.

Ed ecco subito stuzzicata la memoria di Franco: “Al tempo le famiglie erano numerose. E allora serviva allevare le mucche, avere il granoturco, il frumento, gli alberi da frutto… Non era mai abbastanza! Fu due generazioni dopo che mio padre Mario indirizzò l’attività aziendale verso la viticoltura estesa a tutti gli ettari di proprietà”.

Sono tredici gli ettari vitati di proprietà Toros, tutti distesi attorno alla cantina, come in un verde e prezioso abbraccio.

Un unico grande vigneto – spiega Franco – da cui arriva tutta l’uva. È un gran vantaggio in periodo di vendemmia perché le uve hanno una maturazione omogenea. Una fortuna da un lato, ma certo anche una sfortuna in caso di eccezionali grandinate estive…”.

“È una cosa da mettere in conto – risponde immediata Cristina -. Lavoriamo con la natura e la natura non la si può controllare. Ma è questo il bello. Ogni annata è diversa e ogni volta sei spronato a intraprendere una nuova sfida. È quello che fa sì che il vino abbia sempre una sfaccettatura caratteriale differente. Nulla è mai standardizzato!”.

Se, dopo la prematura scomparsa di papà Mario, Franco, ancora ragazzo, è stato capace di diventare anzitempo un rispettato e amato capofamiglia, ecco rivelato, nelle parole di Cristina, il carattere determinato ereditato dalle sue figlie.

Le donne della quinta generazione.

Sono tre le sorelle Toros: Eva, Cristina ed Erika. E tutte oggi sono protagoniste attive dell’attività di famiglia.

Abbiamo deciso tutte e tre di lavorare al fianco di papà – racconta Cristina – ed è stata una cosa spontanea, naturale. Siamo cresciute qui, abbiamo vissuto la vigna e la cantina fin da piccoline… Nessuno ce lo ha imposto, lo abbiamo voluto incondizionatamente. È una predilezione…”.

Si riconosce in un istante Franco nelle parole della figlia: “Sin da piccolo – dice – ti svegli la mattina e vedi tutto questo… E poi scopri la passione e inizi a lavorare!”.

Ed eccola la formula magica della famiglia Toros, perché se chiedi a Cristina cosa ha ereditato da Franco a lei basta questa solo parola: “La passione! Perché è lei che ti tiene qui”.

Purezza e fragranza: l’espressione dei vini Toros.

Qui, dove il filo rosso della passione si sta dipanando attraverso le parole di Cristina e Franco, siamo nella parte della cantina dove un tempo c’erano le stalle.

La parte più nuova fu invece costruita negli anni Novanta, sotto il giardino, dove sono sistemate le vasche in acciaio.

Dopo, più si scende più si tocca il cuore pulsante della famiglia, del suo passato: la barricaia con botti usate e nuove e infine il cunicolo che porta alla piccola cantina del 1600, dove Franco custodisce la sua riserva privata.

Le etichette Toros parlano principalmente il colore bianco: Friulano, Pinot Grigio, Pinot Bianco, Chardonnay, Sauvignon e Ribolla Gialla.

E poi c’è il settimo vino, il Merlot, unico rosso vinificato in doppia tipologia: fresco d’annata e con un passaggio di due o tre anni in legno.

“Non facciamo uvaggi – ci tiene a precisare Franco -. Amiamo la purezza del vino!”. E la figlia aggiunge: “Abbiamo un’unica linea di bottiglie e la nostra etichetta è la stessa dal 1995”.

Un’etichetta che Franco definisce “senza tempo, perché pulita ed elegante”, mentre Cristina preferisce qualificare come “essenziale, esattamente come lo è papà e come lo siamo noi sorelle. Siamo una famiglia a cui piace tanto lavorare in vigneto. Non abbiamo indoli da cantastorie, lasciamo che sia il vino a parlare…”.

Ed è ancora una volta l’arte del compendio di Franco a dirla tutta: “Vogliamo mostrare coi nostri vini quello che facciamo”.

Il magico numero sette.

Sette etichette per l’azienda Toros, di cui una è diventata, come in un perfetto incastro, protagonista, assieme ad altri sei vini di altrettante cantine, di un importante progetto territoriale.

Così le etichette diventano di nuovo sette. Ma soprattutto sette diventano le famiglie di vignaioli, unite in un’unica voce per preservare e narrare al mondo l’oro del Collio, il Pinot Bianco.

Quella di Franco Toros è infatti una delle sette famiglie che hanno dato vita alla Rete del Pinot Bianco nel Collio.

Tutto è iniziato molto prima di questo connubio – rivela Franco –. Proprio come per le altre famiglie della Rete, il Pinot Bianco è sempre stato uno dei vini principali della nostra azienda. Lo abbiamo sempre prodotto ed è un po’ la punta di diamante.

La parte di vigneto del Pinot Bianco è quella più attaccata alla cantina ed è lì che i filari accolgono il capitello con la Madonnina che da secoli ci protegge. Sarà un caso, ma il capitello è proprio lì!”.

Numero magico per eccellenza, il sette qui sul Collio è stato capace di rivelare tutta la sua simbologia esoterica. E se il Pinot Bianco ha abbracciato il numero sette, o viceversa, che il capitello sorrida proprio a questi filari di uve un caso forse non lo è.

Come non è un caso che proprio del Pinot Bianco Franco dica essere “l’emblema di eleganza e pulizia”, un vino “capace di mantenere purezza e freschezza anche nell’invecchiamento”.

Perché se Franco Toros ama la tranquillità delle vigne e dei boschi, il Pinot Bianco è quel vino capace di raccontare quel verde; di esprimere, come uno specchio, il vero e poliedrico carattere di questo territorio.

Tutti i vini del Collio, a saperci mettere occhi, naso e cuore lo fanno, ma è il Pinot Bianco che, grazie alla Rete, lo sta rivelando al mondo.

E allora adesso lasciamo che Franco torni al silenzio delle sue vigne!

Crediti Foto: Azienda Agricola Toros

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Il Pinot Bianco di Toros


Pinot Bianco DOC Collio

TOROS PINOT BIANCO DOC COLLIO

Vinificato in bianco con pressatura soffice a polmone e temperatura controllata, il Pinot Bianco dell’Azienda Agricola Toros Franco affina sette mesi tra acciaio e legno.

Le note di cereali si fondono con la scia agrumata. Al naso è marino e minerale, ma ricco di sentori di frutta, agrumi e crosta di pane.

Elegante, succoso e consistente al palato arriva al calice nel suo giallo paglierino carico.

Cristallino e persistente, per gustarlo al meglio si sposa alla perfezione con primi piatti raffinati e strutturati come risotti di pesce, minestre di verdure, ma anche con seconde portate a base di uova e, perchè no, formaggi.

Il Pinot Bianco Toros è un vino perfetto da bere subito, ma, come le famiglie della rete del Pinot Bianco nel Collio stanno dimostrando, può evolvere bene se tenuto a riposare in cantina anche oltre i due o tre anni.

In breve il Toros Pinot Bianco DOC Collio è un vino molto minerale, asciutto e longevo.

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IDEATORE E AMMINISTRATORE DI RISTORHUNTER - Giornalista pubblicista e scrittrice, Francesca è felicemente ossessionata dai racconti e dal potere delle storie: se infatti nessuno è in grado di contrastare la forza di gravità esercitata dalle storie, lei ne è sin dai primi anni di vita la prima vittima. Docente di "arte della narrazione" (anche applicata al mondo enogastronomico), che ama in verità definire "scrittura emotiva", crede che sia assolutamente vero che "Dio creò l'uomo perché gli piacciono le storie". Per Francesca insomma la scrittura è una cosa seria, perché scrivere significa dire quello che non riusciamo a dire e perché la scrittura è "un atto di conoscenza che si maschera di finzione".

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