Malgrado la diatriba che perdura e perdurerà nei secoli, l’Emilia e la Romagna sono entrambe
custodi di una tradizione culinaria secolare. Ma come si mangia in uno dei tabernacoli di questa cucina regionale? Ecco la mia esperienza nella trattoria Le Sorelle Picchi.
L’Emilia Romagna e la cultura del cibo.
L’Emilia Romagna è la patria delle più grandi ideologie culinarie a partire dagli anni Cinquanta, con la Trattoria Cantarelli e il Trigabolo che hanno restituito le piccole frazioni fantasma di Samboseto e Argenta alle mappe geografiche. Tra Modena e provincia si sono fatte largo sgomitando grandi realtà gourmet come Inkiostro, capitanata prima dal rivoluzionario Terry Giacomello e poi da Salvatore Morello; La Palta, una storia di famiglia e l’Osteria Francescana nella Hall of Fame, dove i Tortellini che camminano sul brodo, Cinque Stagionature di Parmigiano Reggiano, The Crunchy Part of The Lasagna sono l’opulenza della cucina reggiana professata attraverso piatti di levatura filosofica.
Tuttavia, dal comune di Zerba con 69 abitanti alla grassa e grossa Bologna con 387.971, le trattorie prosperano arroccate e invalicabili dietro la tradizione. Che si chiami pizza fritta o gnocco fritto, che siano cappelletti in brodo di cui fare un sol boccone, la cultura del cibo è radicata, potente e non si estirpa.
Questo ha permesso alle insegne storiche di perdurare senza trasformarsi in trappole per turisti (ma state attenti, ci sono anche quelle) rimanendo quel luogo di culto del ragù per avventori e non. In Emilia Romagna ci vai per ammirare le bellezze, anche a Rimini in discoteca, perché no. Ma una delle gioie essenziali è abbandonarsi in tour gastronomici nei vicoli delle città rivestite di mattoncini e a misura di bicicletta.
Le Sorelle Picchi a Parma.
Le Sorelle Picchi è incastonata in Via Farini, una delle strade principali del centro di Parma, una cerniera di locali, negozi e librerie che unisce il Duomo al lungo Po. Nasce come salumeria, dove viene prodotto il prosciutto esposto in negozio come un’opera devozionale. Cresce diventando un laboratorio di pasta e un ristorante. I menu che vengono proposti oggi sono ricette-bibbia a cui viene fatto il dono della contemporaneità.
Mi sono addentrata in questo percorso gastronomico alla vigilia di Ferragosto, lasciandomi sedurre dal menu degustazione Nabucco, 48 Euro per salumi, pasta fresca e filetto di maialino con fonduta di Parmigiano e funghi porcini. Diciamo le cose come stanno: non un’idea troppo ponderata quella di sobbarcarmi in un’impresa mangereccia simile con 35 gradi all’ombra, anche di notte. Ma andiamo per gradi.
La cena inizia con il Culatello di Zibello dalle fette sottili che si devono gustare da sole per assaporarle al meglio. Eppure, quella noce di burro nel piatto mi chiama sinuosa sotto le luci soffuse delle lampade chiedendo di essere assaggiata. Il connubio è perfetto, a renderlo ancora migliore, il vino rosso locale. E già così l’esperienza potrebbe considerarsi conclusa felicemente.
Le tagliatelle al ragù sono un nido di rosso e carne tenace al morso. Il colpo di grazia, lo scacco matto, arriva col maialino. Si lascia tagliare senza forchetta intinto nella crema di Parmigiano. Un omaggio alla terra da cui prende il nome dove si ha pietà per i vegetariani e dove la ciccia è venerata come e più delle Icone.
Se avessi fatto una capatina tra le altre etichette storiche della cucina parmigiana avrei trovato piatti estremamente simili nel gusto e nell’esecuzione. Così come nei paraggi. Ma allora un posto vale un altro? Nel mio anno da residente a Parma mi è capitato spesso di chiedermi se un posto valesse un altro perché tanto è tutto uguale. Ma poi ho pensato di provenire da una regione simile, dove una pizzeria vale l’altra perché tanto è tutta uguale.
Ma è proprio questo il punto.
Le Sorelle Picchi è la conferma che La tradizione richiede rispetto per i passaggi delle ricette, senza però vietare al nuovo di insediarsi. I menu si aggiorneranno con nuovi dripping, ingredienti principe nel piatto e ripieni. Ma la trasparenza della sfoglia, la pienezza dei sapori, la porosità delle tagliatelle… Quelle resteranno invariate. In barba anche la stagionalità, non sempre rispettata. Certo, è possibile che alcune brigate si cimentino in voli pindarici dove il protagonista è il pesce o la cucina fusion, ma la cucina emiliano-romagnola è un rito che si perpetua e le persone accorro per assistervi.
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